Violenza dilagante nel mondo adolescente. L’emergenza ha radici culturali profonde che debbono responsabilizzare tutti i livelli della società. Serve una risposta di reazione forte.

Il tragico episodio accaduto ad Oristano ci impone ancora una volta una necessaria riflessione sul tema della violenza di genere, ma ancor più (come gli stessi fatti di cronaca ci mostrano chiaramente), sul radicarsi di una reazione omicida nelle generazioni adolescenti davanti alla fine di un amore, incapaci di elaborare positivamente una cultura del rifiuto, di fronte ad un sentimento non corrisposto o giunto al termine.

La responsabilità di questi atti va ricercata nelle radici culturali che la nostra società sta sempre più rafforzando, determinando una gerarchia di ruoli che spesso, all’interno della coppia, mette l’uomo al centro di un disegno di potere e di gestione della relazione sentimentale, senza alternative comportamentali che possano essere stabilite o controbattute dalla donna.

Il valore della libertà, la presenza costante del dialogo, la reciproca tolleranza emozionale, l’esercizio all’ascolto dei differenti linguaggi che esistono all’interno di una relazione, rappresentano delle bussole di orientamento per le nuove generazioni. Talvolta, invece, le tensioni restano irrisolte perché dominate dalla sola controversia, dalla volontà di schiacciare l’identità dell’altro.
Si assiste in questo modo ad una crescente diffusione di atti violenti nell’universo adolescenziale, dove, accanto a fenomeni silenti come il cyber bullismo, ormai dilagante in molti territori metropolitani della Sardegna, si attualizzano altresì forme di prevaricazione per nulla distanti, nei modi e negli esiti, dagli episodi che riguardano il mondo degli adulti.

La risposta, ancora una volta, non può che essere la scuola, l’insegnamento, la famiglia, la parola, la capillare diffusione di messaggi contrari alla cultura della violenza. Spetta allora a tutti i livelli della nostra società riflettere e reagire, soprattutto alle istituzioni, ai media e ai centri antiviolenza, affinché contribuiscano senza mai arrendersi alla costruzione di un modello forte di alternativa culturale al male della violenza.

di Silvana Maniscalco
(Presidente Donna Ceteris)